Ecco, incede col tacco da quindici
Incalzante, reziaria di calza
Di passo per nulla insicuro
(nel suo poco, il poeta è già duro)
Lei si pone nel centro del Circo
Già di gladio sguainato affollato
Lei regina in ginocchio sul trono
Loro volgo mai in faccia inquadrato
Lei nel centro e loro cornice
Benedice cogli occhi quell’orda
Ne organizza le fila a triclinio
E li serra svelandosi ingorda
Lei leonessa che fiera dispone
Dei cristiani il suo lauto banchetto
Loro carne frollata in guazzetto
Non assaggia, ma presto divora
Non è questa una cena di gala
Non c’è guanti o cravatte di raso
Convenevoli un tanto svenevoli
Cerimonie a seconda del caso
Qui c’è pugna e saliva e sudore
Qui c’è diva che, polipo, impugna
Verghe, varre di verri a rinfusa
Che s’annusa scegliendoli a naso
Ci son falli mancanti di errore
Fotogenici all’operatore
Chi brandeggia un albino pitone
Chi parcheggia il suo autofurgone
Cafro curvo a cagione del peso
lungo tal che mai teso riesce
ma anche molle il primato detiene
(Il poeta ha l’invidia del pene)
I poeti, che brutte creature
Questo carme, alla fine,
lo spiega
Fanno versi che storpi riescono
Anziché più prosaica
una sega